Una notte John non riusciva a dormire.
La quiete della notte, il caldo comodo delle coperte, la sensazione di morbidezza del cuscino... tutto riusciva a farlo sentire a disagio.
Si girava e rigirava e il disagio aumentava, finchè non decise di alzarsi.
Si alzò di botto, come se fosse suonato un allarme, si tolse il pigiama di corsa, si buttò su i vestiti della sera prima e scattò, di corsa, aprì la porta ed uscì.
Sguardo a destra, la strada. Sguardo a sinistra, la strada. Un lampo. John prese a correre all'impazzata verso la strada in salita, con le luci della città che coloravano le case di un arancione pallido, e lui correva e correva, a perdifiato, come se fosse l'unica cosa che poteva fare, come se correre fosse l'unico istinto che aveva.
Il vento gelido gli picchiava sulla faccia, si infilava nel collo, gli congelava le orecchie e lui continuava a correre. Svoltò a destra, improvviso, poi in discesa, sempre di corsa, testa bassa, alternando le braccia, fino ad arrivare al fiume.
Senza batter ciglio fece un balzo e saltò sul muretto, poi un grande balzo verso il fiume...
Durante il salto trattenne il respiro, e il tempo per lui cominciò a rallentare, sentiva il vento che si stava trasformano lentamente in una carezza, poteva vedere le onde sulla superficie dell'acqua scorrere lente, irreali, e sentire ogni singola molecola dell'aria che gli passava sulle guance, sembrava quasi che il tempo si stesse fermando...
Passarono due giorni prima che la polizia rinvenisse il suo cadavere nel letto del fiume. Chi vide il corpo disse che era raccolto, come un bambino nell'utero materno, e aveva sulla faccia un sorriso, beato, come se fosse sollevato.
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