giovedì 13 novembre 2008

Il fedora (Farrington's pub, Dublin)

La sera scorre lenta.
E' buio, la fioca penombra lascia intravdere sagome di cose semplici, sagome di cose senza importanza.
Una sedia, un attaccapanni, alcune cose sul tavolo, penne, fogli, e un cappello.
Il cappello... un fedora, grigio con un nastro bianco.
Ho conosciuto Miriam con quel fedora.
Mentre lo indosso e m'incammino ripenso a quel giorno, lei era splendida e semplice, con quei suoi vestiti poveri da scolaretta, una gonna grigia e una camicetta chiara, e quei capelli biondicci da maschiaccio, raccolti e tirati indietro da una fascia.
Mi ricordo quando a un tratto si è tolta le scarpe, e a piedi nudi è entrata nella fontana e ha iniziato a schizzare quel ragazzo che la stava importunando... e lui se n'è andato a testa bassa.
E mi ricordo che lei rideva, e rideva con una dolcezza tale che il tipo non poteva arrabbiarsi con lei...
Poi, sempre sorridendo, mi ricordo che è uscita dalla fontana ed è andata a piedi nudi nell'aiuola e si è seduta sull'erba, col sole che illuminava la naturalezza dei suoi movimenti.
Io ero rimasto affascinato, guardavo tutte quelle ragazze intorno, con vestiti costosi e imbellettate che sembravano uno sfondo a una grande opera d'arte: lei.
Alla fine ho preso coraggio e sono andato da lei, mi sono seduto sull'erba, con il mio bel fedora nuovo e una sigaretta tra le labbra.
-Fumi?
-Si, ma non ciò che mi danno gli estranei
E così dicendo tolse da chissà dove una borsina di tabacco e un pacchetto di cartine e si preparò la sua sigaretta.
Io intanto la fissavo, guardavo quel viso limpido, non truccato, carino ma non bellissimo, ma che era illuminato da un sorriso così solare che la trasformava in una musa, una creatura divina mandata per ispirare le facoltà degli uomini...
Gli occhi mi si riempiono di lacrime, cerco di contenermi, ma mi accorgo che ripensando a quei momenti mi sono chinato per abbracciarti e una lacrima è scivolata sul tuo viso e un'altra sul freddo frassino.
Mi ricompongo, nostra nipote mi abbraccia mentre mi asciugo gli occhi e mi rassetto il fedora.
La guardo e vedo in lei tutto quello che vidi in te quel giorno in cui entrasti nella fontana.
Mi scappa un sorriso e le do un bacio e un abbraccio e mi sento fiero di lei e di noi... poi mi chino, do un bacio anche a te e mi allontano.
Presto sarà anche il mio tempo.
Sento l'inverno nell'anima ma sorrido, e pensando a come sarà bella la vita di nostra nipote mi si scalda il cuore, inizio a camminare e penso che l'inverno, tutto sommato, non mi fa più paura.

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